martedì 5 maggio 2020

Coronavirus con pianto. Buona fase 2!

All'inizio ho pensato che fosse l'ansia, la situazione era improvvisa e inaspettata. Improvvisamente in ferie forzate, poi in smart working, poi a fare la spesa e stare due ore in fila una volta a settimana, poi le urla alle ore 18,00 dal balcone, poi la Cassa Integrazione. Poi ho iniziato a pensare che fosse il periodo premestruale. In effetti anche in quarantena il ciclo viene, e per fortuna aggiungerei. Ma non è questo il punto, il punto è che io - da sempre abbastanza sensibile alle cose emozionanti - non ho mai pianto così tanto come da quando c'è la pandemia di Coronavirus. Direte che è normale, ma non so fino a che punto.

La cosa che però mi ha fatto piangere di più, tenetevi forte, sono state le pubblicità. Ogni volta che mi abituavo ad uno spot, e con abituarmi intendo che dopo la 5° o 6° volta che la vedevo riuscivo a non piangere, ne facevano un altro.

Il primo è stato quello della Barilla. Con la musica classica dello spot Barilla che andava anni e anni fa, già con la bambina che portava il gattino sotto la pioggia a casa. Già quello, uscito proprio l'anno della mia nascita, ma che ve lo dico a fare? Mi levava la vita, morivo ogni volta, fiotti e fiotti di lacrime. Ma guardatelo voi e ditemi se non piangete:



E questo è quello di adesso:



E giù lacrime. Su questo ho pianto veramente così tanto, che il mio compagno mi guardava per vedere se anche alla decima volta iniziavo a spruzzare come una fontanella. Poi mi è passata, ma è arrivato lo spot "Un aiuto per il Coronavirus" con la musica di Gianni Morandi. Mi dite come fate a non piangere?



Per lunghissimo tempo poi non ce ne sono stati più, ho pensato di essere guarita, fino a che, stasera, al mio 2° giorno nella fase 2, di rientro a lavoro e quindi ad una meno che parziale normalità, non hanno trasmesso di seguito lo spot della PUPA e di UNIEURO. Due marchi che solitamente producono cose che sono piuttosto... frivole, si. Niente beni di prima necessità, insomma, anche se gli elettrodomestici ormai lo sono, ma ecco, senza un iPad sopravvivi, senza un rossetto anche, ma senza un piatto di pasta no, intendo questo. E così per finire vi metto questi due ultimi spot, il primo con una delle mie canzoni preferite "Ritornerai". Qui non è nella versione di Battiato, che è quella che mi fa venire i brividi, anche se ha comunque il suo effetto. Ed il secondo con "ricominciamo", dell'amato Pappalardo, anche in questo caso rifatta, ma ci va benissimo così.





Beh, buon pianto e buona fase 2 a tutti. #andràtuttobene?


giovedì 9 aprile 2020

La (mia) vita DOPO il Coronavirus

Molti sono i post, in questi giorni, che parlano su come affrontare la quarantena, su cosa cucinare, su che esercizi fare, su come rilassarsi, su come affrontare l'ansia, su come convivere al meglio col proprio partner o - per chi ne ha - coi figli, a volte troppo piccoli per comprendere a pieno ciò che sta succedendo. Io invece penso - sempre più spesso e costantemente - a come affrontare la vita quando questa quarantena, o "lockdown" come va tanto di moda, sarà finita.

Nella "normalità" di ogni giorno mi svegliavo alle 7.00 pensando a come avrei affrontato le circa 12 ore, tra spostamenti e lavoro, che avrei passato fuori casa, aspettando, con ansia estrema, il momento in cui sarei tornata esattamente li dov'ero: a letto. Ho sempre adorato dormire, ne ho sempre avuto estremo bisogno, e ho sempre adorato stare a casa, non mi è mai pesato convivere e dividere ogni istante del mio tempo col mio compagno, anche perchè altrimenti non me lo sarei scelto, non avrei mollato casa e famiglia per raggiungerlo, e non sarei di certo rimasta qui (ormai da quasi sei anni).

Quindi, quello che mi chiedo, ogni giorno è, esattamente, come farò a riabituarmi ad alzarmi alle 7.00 ogni giorno, a dover fare un percorso di circa un'ora e mezza per andare a lavoro e tornare, in mezzo a gente sconosciuta, sporca, spesso puzzolente, invece che alzarmi alle 8.45, fare il percorso dal letto al bagno, dal bagno alla cucina, dalla cucina alla scrivania, aprire il pc ed essere già a lavoro. E poi, alle 18.30, spegnere il pc, andare dalla scrivania al soggiorno, abbracciare il mio compagno, leggere un libro, cucinare, fare esercizi fisici, aspettare la cena e poi vedere un film con lui senza l'ansia del dovermi svegliare prestissimo l'indomani, invece di spegnere il pc alle 18.30, scendere dall'ufficio, aspettare il bus - quando va bene dai 5 ai 10 minuti e quando va male dai 15 ai 30 - arrivare all'ultima fermata, fare altri 10/15 minuti a piedi, rientrare a casa alle 20.00, mangiare ed essere già troppo stanca per godermi anche quelle due ore che mi separano dal letto, per stare col mio compagno.


Farò. Farò perchè se non ci fosse questa quarantena, avrei potuto salutare la mia adorata zia Nella, quando stava male, avrei potuto - neanche un mese dopo - salutare la mia adorata Nonna, nel suo ultimo viaggio, per il quale non è stato potuto neanche farle il funerale, un bel funerale in pompa magna, come lei avrebbe voluto. Avrei potuto abbracciare mia madre, festeggiare il compleanno di mio fratello, ormai prossimo. Stringere i miei cugini in un abbraccio vero, per piangere con loro la perdita di Zia e Nonna. Farò, perchè saprò che nessuno dei miei cari rischia di ammalarsi e morire da solo, perchè io stessa non rischierò di essere isolata e da sola, per una malattia assurda, pericolosa, subdola. 

Farò, perchè la vita, anche quando sembra terribile, è bellissima, e va apprezzata, sempre, in qualsiasi momento. La apprezzo ora, che sono al sicuro, nel pericolo continuo esterno, e posso godermi, nel paradosso in cui tutti vogliono tornare ad uscire da casa, la casa e ciò che ho dentro la stessa. 

Farò. E la prima cosa che farò sarà andare in Sicilia, passare da casa della Nonna, piangere, poi andare al cimitero, e festeggiare abbracciandomi con tutti coloro che insieme a me, hanno sofferto questa lontananza, più di ogni altra cosa, in un momento in cui tutti, avremmo voluto essere vicini.

martedì 1 ottobre 2019

Storie di tutti i giorni

Solitamente - quando riuscivo a scrivere - raccontavo storie divertenti su ciò che mi capitava sui mezzi pubblici. Ora è da tanto che non scrivo, ho avuto un po' il blocco dello scrittore, anche se scrittore non sono, o semplicemente non ho trovato la giusta ispirazione per scrivere. Forse perchè non riuscivo a divertirmi o ad essere divertente sulle mie tragedie quotidiane come capitava i primi tempi. 

Ma non capitano solo cose divertenti, sui mezzi pubblici, anzi, solitamente si incrociano - inevitabilmente - vite disastrate, storie inaspettate, problemi esistenziali, che ci fanno riflettere sul fatto che la tragedia che ci sembra di vivere forse non è poi così tragica. Dall'uomo che non si regge in piedi, alla donna disperata che piange al telefono, all'uomo che parla da solo e poi prega, e se prega avrà i suoi buoni motivi per farlo.

Oggi tornavo esausta da una giornata di lavoro, come sempre direi, ma forse un po' di più perchè si sono aggiunti a lavoro problemi improvvisi ed inaspettati da affrontare. Stavo pensando ai fatti miei, come sempre, guardando il cellulare, ma come dicevo prima è inevitabile incontrare ed intrecciare le vite altrui, sentire e immergersi in quello che dice chi ti siede accanto, o di fronte.

E la storia di oggi era quella di una donna ferita, e di un figlio che ne pagherà le conseguenze. Ho riflettuto sul quanto possa essere complicato per una madre, odiare il proprio marito, odiarlo al punto tale da non potersi esimere da dire al proprio figlio di appena otto anni, che il padre è uno stronzo, che non lo vuole più vedere. Ma quel bambino al padre vuole bene, e come può farne a meno? E di conseguenza, come capirà che la madre soffre, che lui non c'entra niente, che gli amori finiscono, che forse il papà è stronzo come la madre gli sta dicendo, ma che non è colpa sua, che non deve piangere, che l'amore del padre comunque non gli verrà meno.

Come può una donna odiare così tanto un uomo, e tenerselo dentro, soffrire in silenzio per salvaguardare il proprio figlio, che magari quell'uomo glielo ricorda anche, lo rivede costantemente nei suoi occhi. C'è chi lo fa, chi lo ha fatto e una di queste donne la conosco molto, ma molto bene. Eppure non è semplice, e ho avuto i brividi, al pensiero che una cosa del genere può capitare a tutti, è una storia di tutti i giorni, genitori che si separano, figli che piangono, e in fondo nessuno ci si sofferma così tanto, pare quasi la normalità. 

Mi sono commossa, avrei voluto abbracciare il figlio, ma anche e soprattutto la madre, avrei voluto dirle di provare a resistere e di concentrarsi sul bene del figlio, pur non avendone alcun diritto. Avrei voluto dirle che sarà di nuovo felice, perchè non possono vincere sempre gli stronzi, e invece - come sempre - sono rimasta nel tram, sola, mentre lei è scesa, separando nuovamente le nostre vite, mischiandola forse a quella di qualcun altro, qualche altro sconosciuto. E io sono rimasta li, commossa e ho capito che probabilmente ero in crisi premestruale.

venerdì 30 novembre 2018

La mia prima anestesia

Parliamoci chiaro, quando mi hanno detto che dovevo affrontare l'intervento, benchè l'abbia presa con filosofia e ci scherzassi su, ero terrorizzata. Non tanto all'idea di finire sotto i ferri e venire aperta e gonfiata. Quando per il fatto che sarei stata completamente anestetizzata e quindi addormentata e incosciente. Il pensiero di addormentarmi e poi? Boh.

Ho cominciato a lasciare qui e la i miei voleri: al mio fidanzato ho chiesto di non rifarsi subito una vita e piangermi almeno un po', ho mangiato l'ultima cena anche se mi faceva schifo (era la mela cotta dell'ospedale) pensando che da morta avrei potuto pentirmene e che in fondo la mela è una cosa buona della vita. Ho abbracciato Giuseppino, il mio gatto, dicendogli di non preoccuparsi, perchè il mio fidanzato mi aveva promesso che lo avrebbe coccolato tanto al posto mio e cose così.

E anche se quando mi hanno fatto spogliare come un verme e messo quel "camice", che di camice non aveva niente perchè era una rete verde, tremavo come una foglia, quando ho percorso il corridoio sulla barella sorridevo e ho fatto anche il pollice in su ai miei che mi guardavano mentre mi portavano nel gelo della camera mor...volevo dire della sala operatoria.

Si, sono melodrammatica, lo sappiamo tutti, ma avevo paura veramente. Per questo mi sono stupita alla grande quando ho visto il volto dell'anestesista e, all'improvviso, mi sono sentita rassicurata. Era un ragazzo abbastanza giovane, con una voce gradevolissima, una sicurezza disarmante, non potevo non stare tranquilla. Ho perfino scherzato con l'infermiere che doveva mettermi la cannula in vena per la flebo e le varie medicine dicendo che lui, visto che aveva l'ago in mano, era quello che mi faceva più paura e che se non avesse beccato la vena al primo colpo lo avrei maledetto dopo la morte. E' stato bravissimo anche lui, perchè non solo l'ha beccata subito, ma non mi ha fatto neanche male e non mi ha lasciato neanche un livido. 

Immediatamente dopo l'anestesista mi ha sedato. Mi ha chiesto "come ti senti, ti gira la testa?" si, mi girava, ma era gradevole, era come essere brilli, felici, all'improvviso tranquilli. Poi mi ha fatto un'anestesia locale all'addome per bloccare i dolori successivi all'intervento, poi mi ha sedato di nuovo. In pratica prima ancora di entrare in sala operatoria mi ero già appisolata. Però tremavo, tremavo di freddo, così quando mi hanno portato in sala operatoria mi hanno circondato di cuscini caldi, tanto caldi che stavo proprio nella pace dei sensi. Una pacchia.



Mi hanno poggiato il respiratore sul petto, mi hanno detto "inizia a respirare..." e niente. Mi sono svegliata con l'anestesista che mi dava schiaffetti. Quello che a me è sembrato un istante, sono state circa tre ore di intervento, di cui solo 40 minuti di vera e propria operazione, altri 30 di anestesia locale prima e altre due ore tra post operatorio e risveglio. Posso dire solo che è una cosa incontrollabile, e in qualche strano modo, piacevole. No, non voglio dire che lo rifarei, ma che invece di essere terrorizzata, li, sotto le mani di sconosciuti, nuda come un verme e in procinto di essere gonfiata e bucata, ero sicura, tranquilla, quasi beata. 

Quindi voglio dirvi, si, bisogna essere fortunati a trovare medici bravi, e si, spesso non si è fortunati, ma in linea di massima i medici italiani sono persone grandiose e l'anestesia non è una cosa così brutta come si pensa. 



Ps. nella foto sono appena uscita dalla sala operatoria. Diciamo che ero quasi lucida! Yuppi!

mercoledì 28 novembre 2018

Corsa contro il tempo: troviamo una casa che mi devo operare!

Non scrivo da luglio scorso, quando sono caduta rovinosamente attirata da una forza invisibile e prepotente. E da luglio di cose ne sono successe anche troppe, così tante che forse un foglio di carta, benchè digitale, non basterà per raccontarle. Innanzi tutto mi sono messa a dieta: no, non volevo dimagrire, ma ho dovuto, perchè ho iniziato a soffrire di coliche dovute ad un calcolo alla colecisti che sapevo di avere ma che, bastardamente, ho ampiamente sottovalutato. E così, rinunciando alla carbonara, alla salsiccia, al salame, ai fritti, al burro, ho perso sette kg, e qualche etto di felicità, guadagnando però tanto in salute. La visita chirurgica ha sentenziato che avrei potuto tirare, con la dieta, fino ad ottobre, tuttavia a settembre ho preso un altro appuntamento e si... mi sarei dovuta operare, non si sapeva bene quando. Mi avrebbero chiamato loro.

Nel frattempo, giusto per mantenere sereno il mio animo e non stressarmi troppo, a fine luglio io e il mio fidanzato ci siamo trovati a prendere la decisione di andare finalmente a vivere in una casetta un po' più grande. Il nostro nido d'amore resterà sempre il nostro nido d'amore, ma effettivamente dopo cinque anni cominciava ad essere un po' troppo stretto, per quanto noi vicini vicini siamo sempre e comunque stati bene. 

Vi dico, che se cercate casa a Roma, dovete mettervi di sana pazienza, rovistare tra tutti i miliardi di articoli assurdi, visitare appartamenti improponibili e scansare i miliardi di seminterrati che ci sono qui a Roma, miliardi, milioni di miliardi spacciati per "piani terra", o per "leggermente seminterrato", che vi fa ritrovare in pochi istanti sepolti in casa. Scansare le agenzie che vi vogliono svuotare il conto in banca e magari vi propongono pure contratti in nero loschissimi in cui non si sa neanche chi è il padrone di casa perchè è qualcuno di "importante" e non può essere disturbato. Vedrete case carissime, dove non c'è nulla, neanche il riscaldamento e i fuochi della cucina, ma tanto esistono le stufe no?

Beh, quando avevamo quasi rinunciato l'abbiamo trovata, giusto un paio di giorni prima che mi chiamasse l'ospedale per la preospedalizzazione, lo scorso 30 ottobre. Questa storia di case e ospedali, va raccontata insieme, perchè le cose sono combaciate che quasi sembra un miracolo e sono successe praticamente assieme. Dopo la preospedalizzazione, ho chiesto per motivi di lavoro e di vita, che l'intervento non avvenisse prima del 15 novembre. Mi hanno quindi chiamato per l'intervento il 21 novembre. Era il 5 quando io e il mio fidanzato abbiamo firmato il contratto. Dal weekend successivo abbiamo cominciato a portare qualcosa... ci siamo accorti però, che le cose erano troppe, ma ormai c'eravamo messi in testa di fare il trasloco da soli (cosa che, come per la casa a Roma, non fatelo. Mai. I soldi del trasloco sono soldi guadagnati in salute!). Abbiamo optato che avremmo finito di portare le cose solo dopo che ci avessero attaccato la linea internet. Così è stato il 13, e quindi il weekend del 17 ci siamo trasferiti. E' stata la nostra prima notte nella nuova casa.
Io ho pianto quando ho lasciato la vecchia e ora sono felicissima di stare in quella nuova che sento già mia. 

Il 20 doveva essere il mio ultimo giorno di lavoro prima dell'intervento, ed il 20 sera mia madre sarebbe arrivata da palermo. Il 20 mattina mi chiama l'ospedale facendomi sapere che il posto letto si era liberato e dovevo ricoverarmi subito per occuparlo se non volevo rischiare di perderlo, e io non potevo rischiare visto che mia madre sarebbe arrivata quella sera e non potevo rischiare di farle fare un viaggio a vuoto. Così mi sono ricoverata il 20, mi sono operata il 21 e il 23 sono uscita d'ospedale. Sono stata a casa con mia madre fino ad oggi che è dovuta andare via. E se non avessi avuto una casa, non avrei saputo come fare, perchè non avrei potuto ospitarla, e lei non mi sarebbe stata vicino e io, senza di lei, forse non sarei riuscita a stare bene. Oggi è andata via, è inutile che vi dica quanto mi manca, si?

Vi ho fatto una cronistoria, per farvi sapere che sono viva, che spero di stare meglio perchè comincerò una vita in qualche modo nuova, con nuovo cibo, nuova salute, e una nuova casa. E magari, riuscirò a riprendere a raccontarvi le mie fantastiche avventure, con tanto di dettaglio sull'intervento e l'anestesia, che vi confesso, a posteriori: è una figata assurda!

A presto!

venerdì 20 luglio 2018

La vita è tutto un equilibrio sopra la follia... però io l'equilibrio non ce l'ho.

Io sono una che soffre del blocco dello scrittore. Mi capita così: mi succedono miliardi di cose, spesso anche brutte su cui ironizzare, ma niente, c'è il vuoto, non c'è tempo, c'è altro, e non scrivo, non ci riesco, mi sforzo, ma non viene fuori un pensiero da mettere su carta. Il blocco, quando mi viene, mi dura dai 3 ai 5 mesi, e quando passa tornano a fiorire le idee, ma ne sbocciano proprio tante, sarà anche perchè le cose assurde non smettono mai di capitarmi, come quella di ieri.

Prima di raccontarvela però devo farvi una premessa. Io sono una persona priva di equilibrio. Si, oltre all'equilibrio mentale che ho perso già da qualche anno, sono una che un equilibrio fisico non ce l'ha mai avuto. Lo sa bene mia madre che mi trovata distesa a terra per gli angoli più disparati di casa senza alcun motivo, o si trovava a reggermi mentre perdevo l'equilibrio per strada, trovandomi a scapicollare giù per un dirupo. Una volta mi stava spazzolando ed io, mentre ero ferma appoggiata al lavandino, sono caduta e mia madre si è ritrovata a spazzolare l'aria mentre io stavo distesa a terra sotto il lavabo.
Il punto è che se per caso perdo l'equilibrio, non riesco a fermarmi, inizio a cadere e rotolo, rotolo, rotolo, finchè non c'è qualcosa che mi ferma o finchè non sono completamente distrutta e distesa a terra. E questo è quello che mi è successo ieri. 

Questo fatto, di cadere come una tartaruga senza potermi riprende, è difficile da capire. Il mio fidanzato stesso mi ha detto che la gente, vedendomi cadere, non pensa che stia realmente cadendo, perchè sembra sempre che ce la possa fare, o che comunque la perdita di equilibrio non sia grave, finchè non mi vede distesa completamente al suolo, due volte su tre, a gambe all'aria.

Come vi ho anticipato, ieri, uscendo da lavoro, mi trovavo ferma sul marciapiede a guardare l'arrivo dell'autobus da lontano. Si, perchè ogni avvenimento della mia vita gira attorno ai mezzi pubblici, è una condanna! 
Ad ogni modo eravamo in mezzo alla strada, io e la mia collega, dunque per andarlo a prendere dovevamo fare un pezzo all'indietro. Scendo dal marciapiede e "STOCK" mi si rompe un tacco. Solo che io non l'ho capito. A dir la verità, non ho capito assolutamente niente: mi sono ritrovata a cadere. Dapprima pensavo di potermi sedere sul marciapiede, ma quando ho visto che il suolo si avvicinava, era troppo tardi. Un attimo dopo ho trovato la mia spalla aderente al marciapiede, le gambe in aria, e per fortuna non c'era nessuno, il cellulare sull'asfalto ed il piede con il dito aperto. In tutto ciò la mia amica, sempre la stessa, continuava a chiamarmi, pensando che il solo suono della sua voce bastasse ad arrestare la caduta. Perchè, giustamente, lei stessa non capiva perchè stessi cadendo così, a rallentatore, senza potermi fermare. Quando ero al suolo e ho visto che l'autobus si avvicinava poi mi è preso il panico, non sono riuscita a rimettere il tacco, sapientemente recuperato dalla mia collega e le ho detto "vai almeno tu, io non ce la farò". 

Si, lo ammetto, sono un po' tragica. Ma anche comica. Lei infatti mi ha guardato come dire "ma che ca... dici? Ce la fai a metterti in piedi almeno?" Si, ce la facevo. L'ho fatto e sono perfino riuscita a salire sul bus, mentre mi dissanguavo dal piede, rischiando ottantamila infezioni. Una ragazza, carina, mi ha dato un cerotto, mi è dispiaciuto constatare che il cerotto non sia servito ad una mazzafionda. Sanguinavo troppo, tanto che ho pensato che mi fosse partito mezzo dito, ma vabbè... andiamo avanti, perchè io, con un fazzoletto avvolto attorno al dito (medio, ovviamente, il povero spilungo) e senza tacco, zoppicante per la differenza d'altezza, sono andata da un autobus all'altro, aspettando venti minuti e sudando, fino ad arrivare alle 20,00 a casa. In pratica dopo un'ora e mezza dall'accaduto. 

Il mio fidanzato quando mi ha visto ha detto che solo io posso ridurmi in quello stato, però mi ha dolcemente pulito e ad un certo punto ha detto "qui ti è saltato tutto, dobbiamo tagliare..." - CHE COSA? - ho pensato per un istante che mi si dovesse amputare un dito (si, sono tragica, ricordate?) e invece no: solo la pelle e parte dell'unghia... che non è comunque piacevole!

Grazie a Dio, era solo un dito... dai su, che volete che sia un dito? Però poi quando finalmente mi sono messa a letto ieri sera, mi sentivo indolenzita, e - SORPRESA - stamattina mi sono alzata con un livido che va dall'anca alla caviglia, e vabbè. Dai. C'è sempre di peggio. 

Però mobbasta.



mercoledì 18 luglio 2018

Il cinema cult secondo la mia amica Ilaria

Non scrivo da mesi, non che siano mancate le cose che mi sono successe, ma alcune non sono belle, molte altre mi hanno tolto il tempo di scrivere. Ma oggi c'è stata la scintilla che mi ha restituito l'ispirazione. E' nato tutto grazie alla mia amica Ilaria, che ha una mente prodigiosa, ma nessun blog. Eravamo a tavola con un altro nostro amico e stavamo parlando di film. Il nostro amico ha voluto metterla alla prova su quanti film conoscesse con Kevin Constner, perchè lei sosteneva che ne avesse fatti tipo due. Abbiamo scoperto che sono molti di più, ma da li è nato un test - anzi per meglio dire un gioco - su tutta una serie di film cult. Lui scorreva i titoli e lei diceva se li aveva visti o no, ma se li aveva visti, spiegava in breve la trama. E siccome la sua recensione era veramente strepitosa, le ho chiesto il permesso di scrivere questo post, visto che lei non ha un blog e trovo necessario condividere con il mondo la sua genialità. 

Le offro questa pagina bianca, quindi, solo per farvi leggere alcune delle sue perle. Vi farò leggere alcune delle sue migliori recensioni su alcuni film cult che hanno fatto la storia. Ovviamente potrete poi proporre voi dei titoli e io vi scriverò la sua recensione, se disponibile.

Attenzione! C'è un alto contenuto di spoiler! 



Il Cacciatore, con Robert De Niro."è quello co quelli che te sparano co a rulette russa" 
Il Laureato, con Dustin Hoffman."é quello che lui se bomba la madre, e se sposa la figlia". 
Taxi Driver, sempre Robert De Niro."è quello che lui guida er taxi, e poi se fa a cresta". 
Thelma e Louise, con Geena Davis e Susan Sarandon"è quello che Geena Davis se bomba Brad Pitt dopo che Susan spara a uno che la voleva violentà, e alla fine s'ammazzano" 
Fight Club, con Brad Pitt e Edward Norton"quello co brad pitt che fanno un club pe menasse"
Via col vento, con Clark Gable e Vivien Leigh"co rossella oara che è na cacacazzi  che non se sa che deve fa e alla fine lui la manda affanculo" 
2001: Odissea nello spazio"che ce sta un robot...ma sopratutto due ore di scimmie all'inizio"


Vi ho lasciato per ultima quella che mi sembra la più notevole:

Edward Mani di Forbice, con Jhonny Deep 
"co johnny deep e winona rider, lui ha le mani di forbice"

Spero che abbiate apprezzato! Mi raccomando, proponetene tanti!